Gli incendi del 2019 in Angola e Congo

 In grandi incendi, Primo piano

Firewall racconta i grandi incendi della storia: tragedie che hanno portato morte e distruzione, causate dall’intervento umano, da eventi naturali o dal caso. Gli incendi del 2019 in Angola e nella Repubblica Democratica del Congo sono stati migliaia. Hanno distrutto l’habitat di centinaia di specie animali, oltre a dare un duro colpo alle popolazioni locali.

Dove sono l’Angola e la Repubblica Democratica del Congo

Mappa dell'Africa Centrale con evidenziate l'Angola e la Repubblica Democratica del Congo

Situati tra l’Africa centrale e quella meridionale, l’Angola e la Repubblica Democratica del Congo sono due paesi confinanti che, nella loro lunga e travagliata storia, hanno ospitato un gran numero di regni, tribù e gruppi etnici.
Insieme hanno un territorio di oltre 3 milioni e mezzo di chilometri quadrati, più di tutta l’Europa Occidentale e Centrale.

Colonizzata dai portoghesi già nel ‘400, l’Angola è caratterizzata da numerosi altopiani. Gran parte della popolazione è concentrata nelle vaste savane per via dei terreni fertili e delle buone condizioni climatiche.
Indipendente dal 1975, il paese ha attraversato una lunga e sanguinosa guerra civile, conclusasi solo nel 2002. Il portoghese è ancora la lingua ufficiale, e attualmente l’Angola è uno degli stati africani a più rapida crescita, ma le condizioni di vita, per la maggior parte degli abitanti, sono ancora molto precarie.

Situata a Nord-Est dell’Angola, c’è la Repubblica Democratica del Congo un tempo conosciuta come Congo Belga. Colonizzata prima da Portogallo e Paesi Bassi e infine passata, appunto, nelle mani del Belgio, è una nazione indipendente dal 1960. Tra le aree più ricche di risorse naturali e minerarie, la Repubblica Democratica del Congo ha vissuto numerosi conflitti e divisioni tra tribù e regioni e oggi è ancora un paese politicamente molto instabile.
Per la maggior parte pianeggiante, il territorio presenta anche zone montuose poco elevate, a parte il gruppo montuoso del Ruwenzori, che supera i 5000 metri.

Gli incendi del 2019

Incendio serale nella Savana con alcuni arbusti in fiamme

Tra agosto e settembre del 2019 i due stati africani sono stati protagonisti di una vera e propria “epidemia” di roghi. Oltre 10mila in tutto: quasi 7mila in Angola e più di 3mila nella Repubblica Democratica del Congo, alcuni dei quali hanno oltrepassato i confini fino a toccare lo Zambia.

Le cause sono state molte:

  • il debbio. La rudimentale pratica di applicare fuochi “controllati” per ripulire i terreni e fertilizzarli è ancora molto usata. Questo perché è economica e rapida.
    Si è calcolato che nel 2019 circa il 10% degli incendi sia sfuggito al controllo umano finendo per distruggere intere aree della foresta pluviale;
  • la conquista di nuovi terreni per agricoltura e allevamento. Attraverso i roghi, appiccati intenzionalmente, si toglie spazio alla savana e alla foresta per poter sfruttare economicamente la terra. Si ritiene ci siano vere e proprie organizzazioni criminali dietro questo tipo di azioni.
    Data la presenza di molte piante esotiche, il cui legno pregiato arriva poi nei paesi occidentali attraverso il contrabbando, le piante utilizzabili vengono tagliate e il resto dato alle fiamme.
  • i cambiamenti climatici. Hanno reso la zona più fragile e vulnerabile, aumentando i rischi di propagazione incontrollata degli incendi.

Panorama della Savana Africana durante un incendio

Le conseguenze degli incendi del 2019 in Angola e Congo

Gli incendi del 2019 hanno provocato una quantità molto elevata di emissioni di CO2, rilevate e confermate dall’agenzia europea Copernicus. Nonostante questo se ne è parlato relativamente poco sui media internazionali, perlomeno rispetto ai roghi che hanno devastato l’Amazzonia più o meno nello stesso periodo.

La ragione principale di questo generale disinteresse sta nel fatto che nell’ecosistema della savana gli incendi sono la norma. Si tratta di un fenomeno legato al ciclo vitale dell’ambiente stesso. Il problema, tuttavia, è che nel 2019, tra le fiamme e la deforestazione incontrollata, l’equilibrio si è “inceppato”.

È difficile, in terre spesso “senza padrone”, calcolare la reale entità del disastro. Non si sa, ad esempio, l’area esatta della vegetazione andata letteralmente in cenere. Per non parlare dell’impatto sugli animali e le popolazioni indigene, costrette ad abbandonare le loro terre.
All’epoca dei fatti, l’allora ministra dell’ambiente angolana Paula Francisca Coelho minimizzò la vicenda. Pur riconoscendo i danni provocati dalla pratica del debbio, dichiarò che «non soffriamo di incendi incontrollabili». La realtà effettiva, però, sembra smentirla. La stagione degli incendi controllati, in quella zona dell’Africa, è solitamente concentrata tra fine luglio e fine ottobre. Ciononostante, anno dopo anno si verificano sempre più spesso incendi fuori stagione, che vanno di pari passo col continuo disboscamento.

Un pompiere addetto alla documentazione mentre lavora con la videocamera in manoVigile del Fuoco in azione su edifici parte del patrimonio culturale italiano durante una dimostrazione