L’incendio di Firenze del 1304

 In grandi incendi

Per tutto il periodo del Basso Medioevo le città italiane furono interessate da numerosi roghi, dovuti principalmente alla struttura urbanistica dei centri urbani, alla grande diffusione degli edifici in legno e al grande uso di fiamme libere, sia per la cucina che per le attività artigianali. Tra questi, l’incendio di Firenze del 1304 fu uno dei più disastrosi.
Di origine dolosa, fu il frutto delle aspre lotte tra le fazioni politiche per il controllo del potere. Anche a causa del vento, le fiamme si propagarono rapidamente, distruggendo parte del centro storico, causando anche la perdita di numerose opere d’arte.

La Firenze dei primi anni del XIV secolo

La città di Firenze vista dall'alto con il fiume Arno al centro

Nel 1304, Firenze era una città fiorente dal punto di vista economico e culturale. Grazie alla sua posizione strategica sulle rotte commerciali che collegavano l’Italia settentrionale all’area mediterranea, la città si era affermata come uno dei principali centri per il commercio. Le banche fiorentine erano potentissime, così come le attività legate alla lana, ai tessuti e ai metalli preziosi. Grazie a questo, molte famiglie fiorentine avevano accumulato una grande ricchezza.

In ambito artistico, tale ricchezza si tradusse in un gran numero di commissioni ad architetti e artisti. Proprio in quegli anni fervevano i lavori per il completamento di Palazzo vecchio e della Cattedrale. Inoltre era stato da poco aperto il cantiere per la costruzione della torre campanaria di Santa Maria del Fiore (oggi conosciuta come Campanile di Giotto, ma Giotto, che proprio in quel periodo possedeva una organizzatissima bottega in città, subentrò come capomastro solo nel 1334).
Dante, che aveva da poco iniziato il suo esilio, aveva probabilmente appena iniziato a scrivere la sua Divina Commedia.

La politica fiorentina era invece caratterizzata da forti tensioni tra le famiglie nobiliari che cercavano di controllare il potere cittadino. Erano divise in due fazioni: guelfi bianchi e guelfi neri. Talvolta, all’interno di una stessa famiglia, i neri e i bianchi si davano battaglia. Fu proprio per uno di questi scontri che, probabilmente, scoppiò l’incendio di cui andiamo a parlare.

L’incendio di Firenze del 1304

La chiesa di San Pier Scheraggio, a Firenze, vista dal basso dal cortile interno

La chiesa di San Pier Scheraggio

Il protagonista di questa vicenda è Neri degli Abati, che all’epoca priore di San Pier Scheraggio, chiesa oggi inglobata nel complesso degli Uffizi.
A dispetto del nome, Neri faceva parte della fazione dei guelfi bianchi e decise di colpire le abitazioni dei suoi famigliari appartenenti ai guelfi neri, appiccando il fuoco alle loro case e poi a quelle della famiglia Caponsacchi.
Era il 10 giugno del 1304 e in quel giorno spirava un forte vento, che contribuì a spingere le fiamme verso altri edifici. In poco tempo, una parte centralissima della città andava a fuoco.
Le cronache del periodo parlano di oltre 1700 edifici distrutti, molti dei quali anche preda di numerosi saccheggi.

Giovanni Villani, mercante e storico, scrisse che «arse tutto il midollo, e tuorlo, e cari luoghi della città di Firenze». Incalcolabili le ricchezze andate perdute, comprese opere d’arte delle quali non rimase traccia.
Non abbiamo invece notizie di quante vittime vi furono.

L’impatto dell’incendio sull’organizzazione dei soccorsi

Facciata della chiesa di Orsanmichele, a Firenze, vista dal basso

La chiesa di Orsanmichele, uno dei primi luoghi a essere interessanti dalle fiamme

Per evitare il ripetersi di simili tragedie, negli anni successivi furono messe in atto delle misure precauzionali. Le autorità vietarono l’utilizzo di materiali infiammabili nei lavori di costruzione e i mestieri che prevedevano largo uso di fiamme libere furono confinati in aree apposite. Proibirono inoltre il lavoro dopo il tramonto, allo scopo di diminuire l’impiego di torce e lanterne.

Nel 1325, con lo “statuto del Capitano del Popolo” furono istituite delle squadre di intervento rapido in caso di incendi. Se fino a quel momento tale attività era svolta, su base volontaria, da semplici cittadini, ora si organizzavano veri e propri gruppi specializzati. Questi antenati dei pompieri erano falegnami, facchini e muratori, che vigilavano e passavano all’azione in caso di rogo.
Qualche anno dopo ancora, nel 1340, si ebbe la creazione di un Ufficio del Fuoco, che organizzava e gestiva un gruppo di guardie, appositamente retribuite e presenti in ogni quartiere della città.

Esibizione di un mangiafuoco del circo, che si sta mettendo in bocca un bastone con una fiammaTre pompieri peruviani durante un intervento in un vecchio edificio invaso dal fumo