Storia dei tessuti ignifughi

 In firefighter, Primo piano

Cosa sono i tessuti ignifughi?

Un ferro da stiro prende fuoco con un tessuto sul quale era stato dimenticato

Sono tessuti che presentano un’elevata resistenza al fuoco. Il termine deriva dal latino ignis, cioè “fuoco” + fugo.
Si possono suddividere in due grandi categorie:

  • quelli che non vengono intaccati dal fuoco;
  • quelli che bruciano solo dopo aver superato alte temperature.

Un’altra suddivisione possibile è tra:

  • tessuti ignifughi per via della loro stessa composizione e struttura chimica;
  • tessuti altrimenti infiammabili trattati con apposite sostanze (ad esempio il solfato di ammonio, il fosforo rosso, il magnesio, il sodio borato, i sali di ammonio) e resi ignifughi.

A cosa servono i tessuti ignifughi?

Un uomo cammina tra le fiamme equipaggiato da abiti in tessuti ignifughi

Il primo uso che viene in mente è ovviamente quello relativo a chi lavora a stretto contatto con il fuoco, in primis i pompieri.
In realtà c’è un ampio ventaglio di situazioni, luoghi e categorie in cui l’uso di tessuti ignifughi non è solo è consigliato ma addirittura obbligatorio.
Sul mercato si trovano infatti tendaggi, biancheria per le camere, materassi, rivestimenti per sedie o divani, biancheria da bagno e anche per la cucina.
Vengono utilizzati principalmente da alberghi, ristoranti, cinema, palestre, e tutte quelle strutture pubbliche che, secondo le norme, devono adottare i dovuti accorgimenti.

Nulla vieta, però, di adoperarli anche nelle abitazioni private, soprattutto in quegli ambienti in cui il rischio è più alto. Tra questi la cucina, le stanze con un caminetto, gli spazi abitati da persone anziane.

Chi ha inventato i tessuti ignifughi?

Un antico mosaico d'epoca romana che mostra una nave e tre persone a bordo

Trattare i materiali per farli resistere alle fiamme, o trovarne di naturalmente resistenti, è una pratica che esiste da secoli.
Ne troviamo tracce già nell’antico Egitto e in Cina il legno veniva ricoperto con aceto, allume e argilla per evitare la propagazione del fuoco. Questa stessa tecnica è stata sviluppata dagli antichi romani per proteggere le imbarcazioni militari.
Era poi comune in molte culture foderare le torri di guardia con pelli inzuppate d’acqua durante gli assedi, così da ritardare la possibile combustione.

Anche l’amianto — “magico” minerale poi scopertosi altamente nocivo — era conosciuto fin dalla notte dei tempi. Vi si fabbricavano stoppini per lanterne e candele e nell’Egitto dei faraoni veniva tessuto per avvolgere e preservare i corpi dei defunti.
I romani lo usavano per confezionare tovaglioli, che pulivano gettandoli nel fuoco: restavano intatti, mentre i resti di cibo bruciavano.
Durante la prima crociata, nel 1095, i cavalieri francesi, tedeschi e italiani lo impiegavano sulle catapulte con cui lanciavano catrame ardente contro i nemici.
Nel ‘600/700 nei teatri inglesi erano installati dei sipari in amianto per prevenire gli incendi e sulle divise dei Vigili del Fuoco è stato adoperato fino a tempi molto più recenti, con risultati nefasti per la salute dei pompieri.

Un’altra tecnica per rendere ignifughe le stoffe era impregnarle con argilla e gesso, che hanno ottima resistenza al fuoco. Questo metodo fu impiegato fino a tutto il ‘600 e parte del ‘700.

L’avvento della chimica

Tecnico di laboratorio con occhialini protettivi e guanti maneggia provette con un liquido azzurro all'interno

Le cose iniziarono a cambiare nel XVIII secolo, quando l’alchimia lasciò posto alla chimica. Il primo brevetto per un composto che aveva il potere di ritardare la combustione è datato 1735, opera di Obadiah Wyld, che testò una miscela di allume, solfato ferroso e borace.
Da allora gli avanzamenti in questo campo furono sempre più rapidi. Ne elenchiamo alcuni:

  • nel 1821 il chimico Gay-Lussac scoprì due metodi per trattare i tessuti con sali di ammonio e di acido borico. L’unico problema è che, essendo i sali solubili in acqua, tornavano a essere infiammabili una volta lavati;
  • un altro chimico, William Henry Perkins, nel 1912 risolse il problema del lavaggio con l’ossido stannico. I capi mantenevano le loro caratteristiche protettive anche dopo diversi lavaggi;
  • nel 1935, l’azienda chimica DuPont sviluppò una fibra tessile prodotta con poliammidi sintetiche: il nylon;
  • il dynel, simile alla lana, anallergico, resistente a muffe e tarme e non infiammabile è invece del 1949;
  • nel 1953 Wilson A. Reeves e John D. Guthrie brevettarono il tetrakis (idrossimetil) fosfonio cloruro (o THPC), vero precursore dei materiali che ritardano la combustione. Il THPC poteva essere applicato a cotone, carta, plastica, vernice, mobili e altri materiali;
  • la ricercatrice della DuPont Stephanie Kwolek inventò nel 1965 il kevlar. Cinque volte più resistente dell’acciaio, aveva anche un grandissima resistenza al calore e alla fiamma;
  • nel 1981 il chimico americano Carl Shipp Marvel fu il primo a sintetizzare il polibenzimidazolo (PBI), i cui filati vengono tuttora usati per produrre tessuti per missioni spaziali e per l’equipaggiamento dei pompieri;
  • la Westex, azienda specializzata in tessuti ignifughi e ritardanti, nel 1987 ha immesso sul mercato l’Indura, il primo tessuto antifiamma in cotone al 100% ed è utilizzato soprattutto in ambito industriale.

Oggi la ricerca continua nei laboratori di tutto il mondo, per rendere più sicura la vita di tutti quanti, soprattutto quella di chi ogni giorno lavora a stretto contatto con le fiamme.

Divise dei pompieri appese a un appendiabiti

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