Vladimir Pravik e i pompieri-eroi di Chernobyl

 In firefighter

Firewall racconta gli uomini e le donne che hanno fatto la storia italiana e mondiale dei pompieri. Campioni di coraggio, sempre pronti a dare una mano quando ce n’è bisogno. Anche a costo della propria vita. Il tenente Vladimir Pravik è uno di loro: a comando della squadra incaricata della sicurezza in caso di incendio della centrale nucleare di Chernobyl, con i suoi uomini non esitò a intervenire dopo l’esplosione del reattore numero 4, pur sapendo che non sarebbero sopravvissuti.

IL DISASTRO DI CHERNOBYL

Nato a Chernobyl il 13 giugno 1962, Vladimir Pravik ha 23 anni quando, nella notte del 26 aprile 1986, il reattore numero 4 della centrale nucleare esplode, rilasciando nell’atmosfera particelle e gas altamente radioattivi: sarà il peggior disastro nucleare di sempre. Sposato con un’insegnante, Pravik era da poco diventato padre. Laureato all’università, era appassionato di fotografia, disegno e poesia e faceva parte del Komsomol, l’organizzazione giovanile del partito comunista sovietico.

Quel 26 aprile avrebbe dovuto essere il giorno libero di Pravik, ma cambiò turno con l’amico Piotr Khmel. Al suono dell’allarme, con la sua squadra fu il primo a raggiungere la centrale: l’indicazione che aveva ricevuto era che l’incendio fosse stato causato da un cortocircuito, ma quando si rese conto della gravità della situazione, chiese rinforzi alle città di Pripyat e di Kiev. Nel tentativo di domare le fiamme senza indossare alcuna protezione, i vigili del fuoco furono esposti alle radiazioni. Dopo 30 minuti, vennero colti da nausea e vomito: erano i primi sintomi dell’avvelenamento.

Gli uomini vennero inviati prima all’ospedale di Pripyat e quindi all’ospedale numero 6 di Mosca. La loro pelle si annerì velocemente; gli occhi di Pravik si dice diventarono da marroni a blu. Il suo stato di salute peggiorò rapidamente e, dopo 15 giorni di atroci sofferenze, morì l’11 maggio 1986 di malattia acuta da radiazione. Nello stesso ospedale si spensero tutti i suoi compagni di squadra.

Non si conosce con esattezza la dose di radiazioni che assorbirono, ma si ipotizza che fu tra 500 e 2000 Roentgen: fino a qualche anno fa, si credeva che la dose massima che potesse essere assimilata in un anno dall’organismo umano senza avere effetti sulla salute, fosse di 0,5 rem.

LA SEPOLTURA

Pravik e i suoi colleghi vennero seppelliti al cimitero Mitinskoe a Mosca in una bara circondata da plastica e metallo, all’interno di un caveau. Al momento della morte, la radioattività dei loro corpi era infatti paragonabile a quella dei prodotti radioattivi. Le loro divise sono ancora oggi abbandonate nei sotterranei dell’ospedale di Prypjat e mantengono altissimi livelli di radioattività.

I RICONOSCIMENTI POSTUMI

Dopo la morte, a Vladimir Pravik furono assegnate diverse onorificenze, tra cui quelle di Eroe dell’Unione sovietica e dell’Ordine di Lenin, tra le massime attribuite dall’allora Urss, e l’Ordine per il coraggio, riconosciuto dall’Ucraina per le azioni di eroismo a rischio della propria vita.