Il grande incendio di Salonicco del 1917

 In grandi incendi

Con i suoi oltre 300 mila abitanti e un’area metropolitana che ospita più di 1 milione di persone, quella che un tempo era l’antica Tessalonica è attualmente la seconda città della Grecia, dopo la capitale Atene. Durante la prima guerra mondiale, tuttavia, la sua struttura urbanistica cambiò completamente. Ma la trasformazione non fu — come si potrebbe immaginare — dovuta alla guerra, bensì a un incendio. L’incendio di Salonicco del 1917 fu infatti una catastrofe enorme, che lasciò senza casa oltre 70 mila persone, circa un terzo degli abitanti dell’epoca.

La complicata storia di Salonicco

Vista dal basso di una parte dei resti dell'Arco di Galerio, a Salonicco

I resti dell’Arco di Galerio, nell’odierna Salonicco. L’arco fu costruito dopo il 297 d.C. per celebrare il trionfo del condottiero romano Galerio (futuro imperatore) sui persiani

Fondata dai macedoni nel IV secolo a.C. sulla baia del Golfo Termaico, nella penisola Calcidica, Tessalonica prese il nome dalla moglie di Cassandro, re di Macedonia.
Conquistata dai Romani nel 146 a.C., la città assunse un ruolo centrale nelle vie dei commerci via terra e via mare con il Medio Oriente.
Nel IV secolo d.C., con la divisione dell’Impero romano in due parti, Tessalonica entrò a far parte dell’Impero bizantino, diventando il secondo centro più importante dopo Costantinopoli.

Più volte invasa da numerose popolazioni differenti, nel Medioevo diventò un crocevia di culture, etnie e religioni, tra ebrei, cristiani e musulmani.
Nel XV secolo, dopo varie occupazioni, la città fu venduta alla Repubblica di Venezia, che la governò fino al 1430, quando venne conquistata dagli Ottomani. Rinominata Selanik (in italiano, appunto, Salonicco) rimase sotto il controllo dell’Impero ottomano per circa 500 anni.
Abitata in maggioranza da ebrei sefarditi, nel 1912 passò sotto il dominio greco.
Durante la Prima guerra mondiale, Salonicco fu un importante centro di transito delle truppe alleate e si riempì di guarnigioni britanniche e francesi. Fu proprio in questo periodo che scoppiò il grande incendio.

Le cause del grande incendio di Salonicco

I resti dell'antico castello di Tessalonica, oggi Salonicco

I resti dell’antico castello di Tessalonica, oggi Salonicco

Nel 1917 l’area urbana di Salonicco era in condizioni precarie. Sovraffollata, la città era in condizioni igieniche precarie e in pieno caos a livello organizzativo, sia a causa della presenza di numerose truppe, sia per la stessa struttura urbanistica, sia per la presenza di numerosi profughi provenienti dai paesi balcanici.
Fu proprio in una casa abitata da profughi che — pare — scoppiò l’incendio. Dalle indagini successive alla tragedia, infatti, si risalì a un’abitazione del centro. Sembra siano state delle scintille a innescare le fiamme: mentre qualcuno stava cucinando, caddero sopra a un cumulo di paglia.

L’incidente avvenne nel pomeriggio del 18 agosto, una giornata molto calda e ventosa. Anche per questo il rogo, che iniziò a divampare verso le 15.00, si allargò presto al resto della città, favorito dalla siccità e dalla mancanza d’acqua, essendo le riserve idriche controllate dalle truppe alleate, che si rifiutarono di fornire l’acqua necessaria, preferendo utilizzarla nei loro campi e nei loro ospedali.
A tutto questo si aggiunse un’ulteriore concausa: la presenza di pochi vigili del fuoco, mal addestrati e scarsamente equipaggiati.

I soccorsi e l’attività di spegnimento dell’incendio furono quindi quasi totalmente affidati ai soldati, che riuscirono a estinguere le fiamme solo dopo 32 ore, quando ormai le fiamme avevano ridotto in cenere quasi un terzo della città.

Le conseguenze del grande incendio di Salonicco e la ricostruzione

Vista dall'alto della città di Salonicco, in Grecia, al tramonto

In primo piano la Torre Bianca, simbolo di Salonicco. Edificata nel XVI secolo, scampò all’incendio del 1917

A causa delle fiamme, più di 72 mila persone rimasero senza un tetto. Fu la comunità ebraica quella più colpita: i senzatetto ebrei furono circa 52 mila, contro gli 11 mila musulmani e i 10 mila cristiani ortodossi. Numerose chiese, moschee e sinagoghe andarono a fuoco, oltre a edifici pubblici e archivi (tra cui quello del rabbino capo di Salonicco).

Subito dopo la tragedia, le autorità provvidero ad allestire delle tendopoli e a costruire rapidamente delle case di fortuna per ospitare i profughi. In migliaia, comunque, soprattutto ebrei, decisero di emigrare in altri paesi.

La ricostruzione iniziò in tempi brevissimi, fin dalle settimane immediatamente successive alla catastrofe. Ma a differenza dell’incendio del 1890, che già aveva lasciato senza casa migliaia di famiglie, in questo caso il governo greco optò per un completo rinnovamento urbanistico.
L’incarico fu affidato all’architetto e archeologo francese Ernest Hébrard, che fece piazza pulita delle antiche vie in stile orientale e immaginò, invece, un moderno centro urbano di impostazione europea. Non tutto il piano d’intervento venne attuato, da una parte per mancanza di fondi, dall’altra per le pressioni di alcuni grandi proprietari terrieri.
L’impronta data da Hébrard a Salonicco è visibile ancora oggi, nonostante le distruzioni causate prima dalla Seconda guerra mondiale (quando la città fu presa dai nazisti) e poi, nel 1978, da un grave terremoto.

Vista notturna su un canale di Copenaghen, in Danimarca, con palazzi illuminati, acqua e imbarcazioniVista frontale della facciata principale del Grand Théâtre di Ginevra, il principale teatro d'opera della città